Fai bei sogni è un viaggio nel tempo: passato, presente e futuro. È un bambino che cresce e scopre come, ciò che gli è capitato da piccolo gli condiziona la vita e come alla fine poi gli condizionerà il futuro.
Fai bei sogni è una storia di scelte, di parole celate dietro a ferite enormi, come la perdita della propria mamma. Quest’ultima lascia un vuoto incolmabile e porta il piccolo protagonista a essere un bambino differente, velato di mancanza e di paura della vita. Crescendo, proprio quest’ultima, gli dà prospettive diverse, ritorni, consapevolezze.
Poi infine, una busta a sconvolgere ogni cosa. Ma è grazie a essa che si palesa l’impensabile. Quella verità, che in un modo o nell’altro scopre solo da inconsapevole adulto, dopo aver passato una vita a credere a una realtà distorta da chi, in fondo, voleva solo proteggerlo.
Quando scelgo un libro, mi faccio convincere dalla copertina e dal titolo. Gramellini mi ha colpito sopratutto per il titolo: quando si parla di sogni, siamo tutti disposti a metterci la faccia, chi non vorrebbe fare un bel sogno?
Ovviamente la copertina azzurra, mio colore preferito, ha poi fatto il resto e i commenti positivi di chi aveva già intrapreso la lettura, hanno fatto da contorno alla convinzione di voler leggere questo libro.
Detto questo dovete sapere che il “Belfagor” nemico/amico di infanzia di Gramellini, mi ha ricordato il mio “Babau” e le classiche frasi che mi facevano nascondere sotto alle coperte: “Va che ti viene a prendere il Babau”.
Questa è un po’ la mente malata delle nostre famiglie. Cosa non si fa per tenere a bada i piccoli!
Il viaggio di Gramellini mi ha fatto sorridere e commuovere, c’erano dei momenti in cui i suoi ricordi vagavano con i miei e questo mi ha convinto che a qualsiasi era o età, le cose, viste da bimbi piccoli e innocenti, non cambiano molto. Ci si chiede “perché” un sacco di volte e si contorna il tutto con una manciata di “se”.
Io ricordo di aver detto un sacco di volte “Con chi gioco?”
Il mio cruccio era quello di restare sola, se si andava da qualche parte dovevo aver qualcuno che giocasse con me, ma questo credo succeda un po’ a tutti i bambini. La solitudine non è mai stata il mio forte e non lo è nemmeno ora.
Tornando alla perdita, ovviamente non tutti abbiamo avuto lo stesso grande dispiacere di perdere una persona così tanto amata, ma forse ci siamo andati vicino, o pensavamo di esserci andanti vicino… il dolore è comunque incommensurabile e scava dentro al cuore.
Se abbiamo coraggio di metterci a raccoglierne ogni pezzettino finito a terra, forse con una bella toppa e un po’ di attack possiamo rimediare alla sua rottura “provvisoria”.
Ci si chiede così tante volte se le cose siano giuste o sbagliate, che si finisce per dimenticarsi se la risposta riguarda noi stessi o gli altri.
I bambini trovano molte più risposte montando una casetta di Lego, di quante ne troviamo noi seduti alla nostra scrivania.
È verissimo. Dobbiamo esserne gelosi?
Sì.
Perché?
Perché molte spiegazioni che noi adulti non riusciamo a trovare, loro le hanno già fra le manine.
Vedono cose che noi non ci soffermiamo nemmeno a valutare.
Perché seppur con spiegazioni a volte simpatiche e fantasiose, riescono a spiegarci cose che noi vogliamo psicanalizzare manco fossimo tutti professori.
Perché loro non si inventano giri di parole per dirti che gli stai sulle scatole, te lo dicono e basta!
Ma anche diventare grandi è difficile, spesso si finisce per diventare un buon prototipo di uomo o donna, preconfezionato e incapace di dire la propria idea solo per non fare soffrire gli altri.
Alla fine anche le bugie finiscono per essere scoperte e se prima ti trovavi a dire che non te ne importava della verità, prima o poi ti troverai a incazzarti da morire per non averla saputa prima. Piccoli e grandi stanno bene insieme solo se i primi sanno che le bugie non si dicono se non quelle bianche, mentre i secondi, quelli che dovrebbero essere i grandi della situazione, non si mettano a insegnare ai loro bimbi a non dire le bugie quando poi sono i primi a non dire come stanno le cose…
Ammettere le proprie paure non è sinonimo di debolezza.
Gramellini alla fine ci è riuscito e dovremmo riuscirci anche noi.
“Ho paura!” Dillo, magari trovi qualcuno che ne ha altrettanta da farti conoscere, essere in due è sempre meglio che essere soli.
E non ti trovi più a domandare: “Con chi gioco?”
(la Books Hunter Jessica)
Trama:
“Fai bei sogni” è la storia di un segreto celato in una busta per quarant’anni. La storia di un bambino, e poi di un adulto, che imparerà ad affrontare il dolore più grande, la perdita della mamma, e il mostro più insidioso: il timore di vivere. “Fai bei sogni” è dedicato a quelli che nella vita hanno perso qualcosa. Un amore, un lavoro, un tesoro. E rifiutandosi di accettare la realtà, finiscono per smarrire se stessi. Come il protagonista di questo romanzo. Uno che cammina sulle punte dei piedi e a testa bassa perché il cielo lo spaventa, e anche la terra. “Fai bei sogni” è soprattutto un libro sulla verità e sulla paura di conoscerla. Immergendosi nella sofferenza e superandola, ci ricorda come sia sempre possibile buttarsi alle spalle la sfiducia per andare al di là dei nostri limiti. Massimo Gramellini ha raccolto gli slanci e le ferite di una vita priva del suo appiglio più solido. Una lotta incessante contro la solitudine, l’inadeguatezza e il senso di abbandono, raccontata con passione e delicata ironia. Il sofferto traguardo sarà la conquista dell’amore e di un’esistenza piena e autentica, che consentirà finalmente al protagonista di tenere i piedi per terra senza smettere di alzare gli occhi al cielo.
L’autore:
Massimo Gramellini nato a Torino il ottobre 1960 è un giornalista e scrittore italiano, vicedirettore del quotidiano La Stampa.
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