L’antologia Diari dal sottosuolo, in realtà, nasce come naturale evoluzione del concorso Mondadori Chrysalide. Cinque sono stati i racconti finalisti nella categoria urban fantasy, compreso il vincitore, che sono successivamente confluiti in questo progetto antologico a cui si sono aggiunti altri talentuosi autori di fantastico. Il tema del “ricordo” è subentrato successivamente, grazie all’intuizione di Valeria David, che ha curato la prefazione del volume.
2. Ogni racconto ha aperto la porta a qualche domanda. Per rispondere all’aforisma di Woody Allen, secondo voi, “Cos’è un ricordo? Qualcosa che hai o qualcosa che hai perso per sempre?”
Penso sia entrambe le cose. Ricordiamo qualcosa che è passato, che non ci appartiene più, eppure che risiede ancora da qualche parte nella nostra mente. Il ricordo è nel contempo una perdita e un tentativo di conservare una copia sbiadita di quello che abbia vissuto.
3. Nei dieci racconti si narrano gli scontri fra la fantasia e la realtà. Fra la ragione e la voglia di credere che in fondo, nel sottosuolo, c’è qualcosa che va al di là della nostra umana comprensione. Cosa vorreste che ci fosse, ora sotto i vostri piedi, un tunnel incantato pronto a portarvi su un’isola esotica o un cambiamento globale? Insomma, pensereste a voi stessi oppure alla collettività?
Il rapporto tra l’io e la collettività è quasi sempre connotato da una forte antitesi, da un continuo scontro tra l’affermazione della propria individualità e l’apertura, il dovere anche, verso il prossimo. A mio parere l’attenzione verso il prossimo non deve comportare la completa negazione dell’individualità. Come si potrebbe essere d’aiuto agli altri, se si è, letteralmente, nessuno?
4. Ci sono due racconti che mi hanno colpita particolarmente. Sono il quinto e il sesto. Nel quinto ho adorato il modo in cui Incubi e Sogni si sono fronteggiati. Gli Incubi paragonabili al vuoto e alle paure più recondite, mentre i Sogni, a ciò che amiamo e non possediamo, ma agogniamo in maniera silenziosamente dolorosa. Nel sesto racconto invece ho piacevolmente ricordato le vecchie storie di streghe delle mie parti. Fatture, erbe capaci di fare incantesimi speciali, streghe che si nascondo dietro la fragile figura di anziane signore. Oggi tutte queste vecchie credenze assumono dei contorni importanti nella letteratura, mentre un tempo erano malviste. Secondo voi, raccontare di Incubi e Sogni e di erbe magiche ha in qualche modo sollevato un tappo ermetico e quindi aperto gli occhi di chi non vuole credere nel labile confine fra realtà e magia?
A mio parere la letteratura, non soltanto quella fantastica, non dovrebbe dare delle risposte ma formulare delle domande, mettendo il lettore in condizione di interpretare un testo e trovare da sé le risposte che sta cercando. Il nostro scopo principale, nel dare vita a questa antologia, non era quello di convincere qualcuno a credere che la magia esista, quanto piuttosto di considerare l’ipotesi che ciò che esiste non si esaurisce in ciò che percepiamo ogni giorno e chiamiamo realtà.
Mi complimento con tutti gli autori, perché credo che seppur breve ognuno di questi racconti abbia richiesto dedizione e impegno. Inoltre faccio anche un inchino alla vostra scelta di donare il ricavato dalla vendita delle copie cartacee a “Emergency”, vi fa onore. Grazie di averci regalato questa intervista.
Grazie mille a voi per l’interesse e le belle domande! Un abbraccio, Ale