Oggi il Books Hunters Blog ospita Rossana Girotto. Dovete sapere che qualche settimana fa, abbiamo pubblicato un articolo sui tre finalisti del concorso GialloStresa 2014 e in quell’occasione li abbiamo contattati tutti, complimentandoci con loro e facendoci conoscere. Rossana, che ha vinto il primo premio, ci ha sorprese. Abbiamo scambiato qualche parola via Facebook e la settimana successiva lei ha deciso di regalarci i suoi scritti spedendoci una busta gialla contenente ben quattro libri. Successivamente, quando finalmente è uscito in edicola, abbiamo acquistato “Il Giallo Mondadori” contenente “Negatité”, il suo racconto vincitore del premio GialloStresa 2014. Grazie di essere con noi Rossana, è davvero un piacere.
1. Parliamo di “Storia di un’Ondina”, un libricino colorato e illustrato, che fa venir voglia di leggerlo a un bimbo la sera, luci soffuse e calda copertina, avvolti in un tenero abbraccio e con quella vocina tipica delle storie dolci che danno serenità, conciliano il sonno e i bei sogni. Questo racconto è ambientato sull’Isola del Giglio, laddove il mare fa da sfondo ad ogni più piccola vita. Nel racconto dai voce a una bambina e le fai vivere una piccola grande avventura. Quanto dei tuoi ricordi d’infanzia, o magari del tuo personale viaggio in quella terra, c’è in questa storia?
Il personaggio di Ondina è nato per mia figlia Rachele: quando era piccolina le raccontavo sempre alcune storie , quando la mettevo a letto. Una cosa normalissima, per me: sono cresciuta così, con mia nonna Maria che era una grande narratrice e con la quale, durante le vacanze, inventavo personaggi e avventure da far loro vivere. Sono stata spesso in vacanza all’Isola del Giglio e, volendo tornarci con Rachele, ho iniziato a descrivere l’ambiente mettendoci vicende e personaggi che aumentassero l’atmosfera magica del luogo. Ma la mia caratteristica è che, in ogni mio racconto, anche il più onirico, c’è una parte molto legata alla realtà. Il temporale durante l’uscita in barca, le emozioni vissute e i luoghi descritti sono esattamente reali! La stessa cosa è successa con le altre fiabe pubblicate: Il Piano di Oscar, ispirato al mio gatto, e Lo Gnomo di Curiglia. Quest’ultimo libro mi ha dato tantissime soddisfazioni, è diventato addirittura libro di testo alle Primarie della Scuola Bosina di Varese.
2. Parliamo del tuo secondo lavoro, “Ofelia sapeva nuotare”. In questo libro sono raccolti 17 racconti, scritti e illustrati. Potrei descriverli così: affascinanti, fuori dal tempo, umidi, senza veli, di legno e roccia, leggendari. Qui ho ritrovato una Rossana dedita agli elementi naturali. Ho scoperto le tue passioni, che affiorano nel tuo modo di scrivere, nelle citazioni e nei luoghi in cui ambienti le tue storie. I sensi mi sembrano sorreggere ogni racconto, la percezione che si ha di se stessi e del mondo circostante. Come scrittrice, quanto conta restare in ascolto ed essere capaci di captare se stessi e gli altri?
Credo sia importantissimo. Come dicevo prima, nonostante abbia una scrittura che mi dicono essere “evocativa, onirica, poetica” l’ispirazione mi arriva dalla realtà che mi circonda. Caratterialmente sono obiettiva, a volte critica. Cerco sempre di vedere le diverse facce della medaglia, e spesso la parte nascosta delle cose o delle persone rivela storie ben più profonde, complicate, veritiere o comunque più interessanti di quella normalmente “esposta”. Oltre a questo, c’è l’ascolto, il captare come dici tu, le emozioni che il mondo intorno ti dà. Da lì parte tutto. Un viso, una parola, un odore, un suono, un’immagine… il solo fatto che ti colpiscano significa che ci puoi costruire una storia.
3. Restiamo sempre su Ofelia. Come dicevamo i racconti sono quasi tutti accompagnati da disegni bellissimi. Io ho adorato per esempio quello del primo racconto “Il ponte di Elsinore”. Come nasce questa splendida e azzeccata collaborazione con Sarah Sudcowsky, la bravissima illustratrice di questo libro?
Ho conosciuto Sarah tramite mio marito, geologo, perché anche lei è appassionata di minerali. Poco dopo ho scoperto che era un’artista, diplomata al Liceo Artistico e allo IED. Lei conosceva già alcuni miei scritti e quando è nato il progetto di editare un libro di racconti “al femminile” è stato naturale chiederle di lasciarsi ispirare e creare alcune tavole. Io non le ho sottoposto dettami o richieste specifiche: il libro è l’insieme di due Arti: letteraria (la mia) e figurativa (la sua). Il risultato è splendido…
4. Nella raccolta intitolata “Effetti personali”, ritroviamo sempre il tuo stile, il tuo “poetare romanzato” (si può dire?) e moltissime collaborazioni tra cui quella di tua figlia Rachele. L’idea di far entrare nel tuo mondo di parole Rachele, arriva da lei o da te? Che rapporto hai con “Il tuo effetto… Speciale” numero uno, quando entri nei panni della “poetrice”?
Ovviamente nel mio mondo di parole Rachele c’è da sempre. Mi ha sempre visto leggere e scrivere, e anche lei ha iniziato a cinque anni. Ora legge quello che scrivo, praticamente in anteprima… Non proprio tutto, ma gran parte. I suoi occhi mi servono soprattutto per capire la scorrevolezza del testo e l’immagini che evoca. Ma, mentre il mio canale espressivo è proprio la scrittura (con la passione per le lingue e gli alfabeti che vanno di pari passo fin da quando ero bambina) il suo è il disegno. Credo che abbia preso da mio padre, con cui ha sempre passato le giornate quando io sono al lavoro. Come dicevo prima per Sarah, la sua Arte è proprio quella. Ora fa il Liceo Artistico, non abbiamo mai pensato a qualcos’altro! Lei ha ben in testa la sua strada, e le auguro di poterla seguire davvero pienamente.
Per quanto riguarda la sua “collaborazione” nel mio libro, l’idea di illustrare il racconto intitolato “Il Natale di Rachele” è arrivata da un primo disegno, diverso dall’attuale, che accompagnava il mio testo in un concorso letterario a tema natalizio. Al momento di editare il libro, quando ho chiesto a Selena e Maria, le due illustratrici di Effetti personali, pittrici professioniste, di collaborare con alcune tavole in bianco e nero, Rachele di sua volontà ha ricreato l’illustrazione nel suo “stile manga” e me l’ha sottoposta. Siccome la bambina dell’illustrazione è lei stessa, abbiamo usato questa sua idea per raffigurare con disegni anche l’ autrice e le collaboratrici, invece di usare le solite foto.
Ognuna ha ritratto se stessa. Rachele ha disegnato anche me.
5. Ma ora parliamo di “Negatité” il racconto vincitore del premio GialloStresa 2014 e meritevole di pubblicazione sul n°1356 di “Il Giallo Mondadori”. In Negatité ci sono tinte forti, dure, oscure… Mostri un lato diverso, la capacità di entrare in altri personaggi, delineandoli in maniera nuda e cruda. Un racconto che mi è piaciuto molto, che mi ha colpita per la nitidezza con cui le scene lambivano la mia immaginazione. Ti sei come separata dal tuo lato fanciullesco, dal tuo essere a volte fata, a volte elfo, per vestire panni grotteschi e ombrosi. Com’è nata l’idea di Negatité? È stato un percorso pensato e ripensato o una scrittura che è nata e cresciuta, “di getto”?
Ho partecipato a tutte le tre edizioni del concorso GialloStresa, pur non essendo una giallista. Ma amo molto il genere, come lettrice, e sono cresciuta con Agatha Christie, Sherlock Holmes, Ellery Queen, Nero Wolfe, fino alla Cornwell e a Connelly… Per non parlare degli scrittori italiani, alcuni dei quali conosco personalmente. Partecipare a questo concorso è stata una sfida, un’ottima palestra, un’occasione per mettermi in gioco. Nei primi due racconti mi sono soffermata molto sui luoghi, rendendo un omaggio personale a Stresa e alla sponda piemontese del Maggiore, che amo e frequento. Ho usato gli stessi personaggi, lo scrittore Flavio Bellani (ispiratomi da Andrea Pinketts e Andrea Villani) e il suo amico Loris Paolini (ispirato a Paolo Franchini) mettendoli in situazioni da “giallo classico”, in atmosfere un po’ retrò e in situazioni dal tocco snob, proprio rifacendomi agli autori di inizio Novecento: c’è il cadavere, l’omicidio, l’indagine, l’intuizione quasi fortuita che smaschera l’assassino.
In Negatité, invece, il quadro è ben più torbido, noir. Non pensavo di vincere, proprio perché non è certo un giallo classico. C’è il delitto, certo, ma non c’è indagine, non c’è nemmeno una soluzione. Il lettore sa fin dall’inizio cosa deve succedere. Nemmeno l’idea di “vittima” è qualcosa di definito. Le vittime sono un po’ tutti, l’aspetto negativo non è legato a un atto fisico, quanto a un concetto che aleggia dappertutto, fuori e dentro i personaggi, nelle loro vite, nel loro mondo. Nella Storia, quella piccola della quotidianità attuale, e in quella grande, del passato.
Il racconto è nato improvvisamente. Inizialmente pensavo di tornare ancora sui miei passi, scrivere la terza avventura lacustre di Flavio e Loris, creare una sorta di trilogia e concludere così. Però non ne ero davvero convinta, mi sembrava un ripiego, l’idea c’era ma mi annoiava. Annoiava me, figuriamoci eventuali lettori! Avevo voglia di creare un personaggio non particolarmente brillante, dalla personalità ombrosa, trascinato dagli eventi. Un anti-eroe, se vogliamo. Uno che non fosse simpatico o antipatico. Uno che agisce senza slanci, che fa le cose perché deve farle. Ci sono in giro persone così… che anche umanamente non si esprimono. Poi ho letto, per caso, quella frase di Sartre e mi è sembrata pertinente. L’aggancio con la tragedia del popolo armeno è entrata naturalmente in questo contesto di “male diffuso” che scorre lento, che si alimenta dell’indifferenza di tutti, nell’immobilità sociale. Massimo, il protagonista, è un delinquente perché non sa fare altro, non ci ha mai nemmeno provato, sta comodo così. Anche l’amore che sembra sfiorarlo non gli appare come una possibilità di riscatto. Il riscatto avviene, se avviene, comunque con un gesto violento, un atto di vendetta.
6. Finire sul numero di “Il Giallo Mondadori”, deve essere una grande soddisfazione, un traguardo importante. Ho letto che tuo nonno leggeva il periodico Mondadori senza perderne un numero, per cui, proprio a fronte di questo, com’è stato trovarsi a esserne protagonista?
Sicuramente è una soddisfazione grandissima, ancora adesso prendo il volume tra le mani, leggo il mio nome e non ci credo… Ma è un premio, non un traguardo. Non è un punto d’arrivo, sento il colpo di pistola dello starter alla partenza. Ora devo correre per davvero. Certo, mi hanno consegnato un paio di scarpe buone, sarebbe da stupidi riporle nell’armadio…
Rossana scrive di mondi e vite, fate ed elfi, di laghi, di roccia e profumi. Ti lascia un senso di libertà e una voglia di viaggio, che soli in pochi riescono a dare. Personalmente la ringrazio per averci accolte nella sua vita al primo scambio di messaggi. Andrea Pinketts l’ha definita la “poetrice”, noi ci accodiamo.
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