Erano le due del pomeriggio, questo lo ricordo bene.
C’era un sole bollente che ti faceva appiccicare gli abiti addosso. Tenevamo i finestrini dell’auto abbassati per ricevere un po’ di fresco, dato che l’aria condizionata non funzionava e cantavamo una canzone di Madonna a squarcia gola.
Per quel giorno avevamo finito il turno di lavoro: lei mi ha accompagnata a casa, come faceva di solito. Ha parcheggiato la Fiat Panda nel primo spazio libero, poi ha atteso che scendessi dall’auto prima di dirmi:
-Ci vediamo stasera, eh? Non dimenticartene!E , per favore ,rispondi al cellulare se ti chiamo-.
-Non è colpa mia se hai un tempismo perfetto .Scegli sempre il momento in cui sto facendo la doccia, o mi sto asciugando i capelli.- ridacchio io.
Alle sette avevamo deciso di berci un aperitivo al bar. Solo io e lei. Volevo raccontarle la nuova scenata che mi aveva fatto il mio ragazzo, un tipo geloso che s’irritava per ogni facezia.
Ora me la vedo dinanzi, come se potessi toccarla: vestita con l’ abito stile impero rosa antico che preferiva, i pendenti enormi alle orecchie, che ciondolavano e s’impigliavano nei lunghi capelli neri , gli occhi neri e pieni di luce che mi trasmettono tutto il bene che mi vuole.
Le lentiggini sul naso, il modo in cui si mordicchia l’interno delle labbra. E come gesticola quando parla.
Io e Serena ci conosciamo dalle elementari.
-Eeee va beneeee.- le sue ultime parole smozzicate.
Era ripartita. Ridendo.
Ora gli occhi tornano a riempirsi di lacrime e il petto mi si alza e si abbassa.
L’eco cristallino della sua risata si smarrisce nelle pieghe della mia memoria.
Incoerente, penso: Serena ha i capelli ricci ma ne è scontenta .Li pretende lisci e ci mette ore ad asciugarli . Ha creme per capelli che costano una fortuna, piastre. Gel.
Mi asciugo una guancia bagnata. Ha. Tanti. Tipi. Diversi. Di. Gel.
Tiro su col naso.
Perché poi una che dei capelli belli così deve tirarli e io che li ho lisci, cerco di arricciarli?
Serena è la mia migliore amica.
Serena. È. La. mia. Migliore. Amica.
No, non ce la faccio. Esplodo come una bambina. L’urlo mi esce dal petto, schizza attraverso le labbra serrate e questo suono non lo riconosco.
Perché, perché lei è lì dentro?
Siamo in ospedale.
Io, sua madre, mia madre, sua sorella. Facce bianche sospese in un attimo immoto.
Pochi minuti dopo avermi accompagnata davanti a casa, Serena ha subito un grave incidente.
Un ragazzo strafatto di cocaina, ha invaso contromano la corsia di marcia dove la mia amica, la mia amica-sorella, andava pianissimo, perché lei è prudente.
E ora sta mordendo, mentre il ragazzo ha solo una misera commozione celebrale.
Serena ci sta abbandonando e noi siamo qui ad aspettare la fine, il volto dell’infermiera o di un medico che verrà a informarci e … io… sono qui a chiedermi perché non le ho neanche detto “CIAO”.
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