Carissimi lettori, oggi per la nostra rubrica “BookIntervista”, ospitiamo con grande piacere Michela Tilli. Dovete sapere che abbiamo conosciuto personalmente Michela a teatro a Febbraio, in occasione dello spettacolo da lei scritto e interpretato da Silvana Fallisi “La morte balla sui tacchi a spillo”. In realtà il suo libro ci aveva già chiamate precedentemente dagli scaffali delle librerie, una copertina che evoca il “ricordo” e un titolo che addolcisce non appena lo leggi. Detto ciò, ringraziamo Michela di essere con noi.
1. Dirette al dunque, vogliamo parlare di “Ogni giorno come fossi bambina”, che sappiamo non essere il tuo primo lavoro come scrittrice, ma presto diventato un fenomeno editoriale. Una storia toccante che mette a confronto due diverse generazioni. Una delle protagoniste del tuo romanzo, Argentina, vive una vita ad aspettare e spedire lettere scritte a mano, mentre Arianna, non potrebbe fare a meno del suo PC. Di recente sul nostro blog abbiamo scritto un articolo che richiamava la bellezza dello scrivere a mano una lettera e la piacevole magia dell’attesa della risposta. Molti si sono convertiti, chi per comodità, chi per piacere, all’uso del computer, altri invece hanno ammesso che ricevere o spedire lettere scritte a mano rimane sempre una cosa dal “profumo” insuperabile. A questo punto, chiediamo a te: Argentina o Arianna? Lettere o Chat?
Tutte e due! Credo non si possa rinunciare a nessuno dei mezzi di comunicazione che abbiamo a disposizione e se si coltivano le amicizie le occasioni non mancano per scrivere lettere o per chattare. Ho scritto molte lettere di carta nella mia vita, oggi invece prevalgono senza dubbio email e chat. A volte però ci sono cose da dire che sono importanti e allora prendo carta penna e imbusto. Ma deve essere qualcosa che ha un valore di per sé e che non ha bisogno di risposta. Sono troppo impaziente per aspettare!
2. Nel tuo romanzo affronti i temi portanti in maniera profonda, spesso andando a toccare i nervi scoperti della società di oggi. Gli anziani che spesso perdono potere su loro stessi, perché circondati da persone che li credono incapaci di decidere per sé. O i giovani, che cercano riparo nei loro difetti. Hai voluto tradurre questi due temi in una storia che li traccia passo passo, portandoci dentro le vite delle due protagoniste generazionalmente divise, ma molto simili. Come nasce questa storia? Pensi che fosse da qualche parte nascosta dentro di te o è stata frutto di semplice immaginazione?
Tutto quello che scrivo è frutto di immaginazione, cerco sempre di allontanarmi molto da me e dalla mia vita, perché per me scrivere è conoscere l’altro, immergermi in qualcosa di totalmente diverso ed esplorarlo. Naturalmente poi senza che io me ne accorga emergono cose della mia vita che avevo messo da parte, episodi o caratteristiche delle persone che mi hanno colpito. Ma sono dettagli talmente diluiti in un contesto nuovo che non mi appartengono più. Il carattere di Argentina, per esempio, ricorda quello di mia nonna, ma il personaggio non è mia nonna. Un personaggio deve essere coerente con il mondo del romanzo, perché è quel mondo nuovo che abita.
3. Ci è piaciuto come hai messo in relazione Argentina e Arianna, spedendo la seconda nella vita dell’altra senza troppi giri di parole, senza troppe pagine di mezzo. Hai miscelato due generazioni così distanti, senza mai esagerarne il confronto ed evitando di portarlo fuori rotta dalla realtà. Non ci hai raccontato di cose impossibili, ma di cose possibili con l’ausilio della volontà, dello scambio reciproco, della saggezza che naturalmente si nasconde dentro di noi. Scrivere una cosa così, significa viaggiare dentro noi stessi. Com’è stato il tuo viaggio interiore per scrivere questo romanzo?
Il viaggio interiore è stato piuttosto complesso, perché scrivere di personaggi così distanti da me non è facile, bisogna immedesimarsi, calarsi nei loro panni e nelle loro sensazioni. Ho passato ore e ore a immaginare tutto della loro vita quotidiana e dei loro pensieri, come faccio sempre prima di mettermi a scrivere. Paradossalmente le sensazioni di Argentina, che ha il doppio dei miei anni, mi sono sembrate più semplici da conoscere di quelle di Arianna, sebbene sedici anni li abbia avuti anch’io. Ma forse è proprio per questo: Arianna non poteva essere l’adolescente che sono stata io, mentre per Argentina ho potuto attingere alle mie aspettative per il futuro…
4. Come ogni bella storia che si rispetti, anche la tua lascia spazio all’ironia dei personaggi, a quelle sottigliezze che però stupiscono e non passano inosservate. Prendere la vita con un sorriso, come fa Argentina, anche quando si nasconde un segreto, anche quando si è in attesa. Lasciarsi trasportare dagli eventi e perché no, dalle persone. Michela, c’è una persona che nella tua vita, è stata capace di lasciare un segno profondo del suo passaggio?
Ci sono tante persone che hanno lasciato il segno nella mia vita, perché ho avuto la fortuna di fare bellissimi incontri. Tra tutti questi regali della vita, mi vengono in mente per primi due professori del liceo, Maria Teresa di italiano e Piero di filosofia, che ora sono diventati amici e seguono con grande partecipazione quello che sto facendo. In un momento della vita piuttosto difficile, come lo è l’adolescenza, quei due insegnanti sono stati per me fondamentali, senza fare cose troppo strane, ma facendo con passione e coscienza il loro lavoro. Devo molto a tutti e due.
5. Ci siamo incontrate, come dicevamo all’apertura, in teatro a Milano. Nella commedia “La morte balla sui tacchi a spillo” da te scritta, si parla della morte scoprendone un lato addirittura ironico. Sappiamo bene che scrivere un romanzo, non è esattamente una passeggiata, ma ancora meno lo è decidere di scrivere per il teatro. Ci racconti da dove viene l’idea di approcciarti alla commedia teatrale?
Il teatro mi ha folgorato qualche anno fa. Ho conosciuto Corrado Accordino, il regista di “La morte balla sui tacchi a spillo”, perché ha presentato uno dei miei romanzi a Monza. Da lì ho cominciato ad appassionarmi al suo lavoro e al teatro in generale. Proprio lui mi ha spronato subito a scrivere anche per la scena e, mentre cominciavo a farlo, mi ha proposto questa avventura: Silvana Fallisi aveva un’idea e aveva bisogno di qualcuno che scrivesse. Il fatto che si trattasse di una commedia non mi ha spaventato, perché ho sempre scritto accanto a loro, insieme a loro, e quando si sta vicino a Silvana la comicità la senti nell’aria… E d’altra parte vicino a Corrado si ha sempre la sensazione che tutto funzionerà. Ho imparato tantissimo, sono due persone eccezionali, intelligenti, competenti e di grande generosità.
6. Ci siamo appassionate a “Ogni giorno come fossi bambina” e abbiamo riso e amato donna Tanina nella tua commedia “La morte balla sui tacchi a spillo”. Cosa ci riservi per il futuro?
Ho tanti progetti, qualcuno anche a buon punto. Sul fronte del romanzo, sto scrivendo la storia di due famiglie le cui vite si dividono a causa di un tragico incidente. Parlerò ancora di adolescenza, delle ansie di una madre e di un grande amore contrastato.
Per quanto riguarda il teatro, ho alcuni testi per le mani. Uno l’ho scritto insieme a un amico attore, da una sua idea, altri due sono testi miei, scritti l’anno scorso. Stiamo valutando cosa farne, insieme ad alcune persone ed è presto per parlarne. Il mio desiderio più grande sarebbe lavorare ancora con Accordino e la compagnia La danza immobile del Binario 7 di Monza, perché sono fantastici. In ogni caso, spero di potervi dare notizie presto!
Ringraziamo Michela per essere stata nostra ospite. Alla prossima bellissima avventura!
Michela Tilli è nata a Savona e vive a Monza con il marito e i due figli. Dopo gli studi in filosofia ha intrapreso la carriera di giornalista che ha poi lasciato per dedicarsi alla scrittura narrativa. È stata autrice per la TV e attualmente lavora per il teatro.
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