Dialetto: lo parliamo? Lo scriviamo?

Amici lettori facciamo quattro chiacchiere sui dialetti.
Qualche purista della lingua italiana, arriccia il naso quando sente parlare in dialetto e, ancora peggio, quando lo vede scritto. 
Ma usare correntemente il dialetto, non significa snaturare la nostra bella lingua.

Noi hunterine siamo cresciute vicine a persone che, soprattutto in casa, parlano dialetto (lombardo, varesotto nel nostro caso) e non riusciremmo a immaginarci “una nonna” che dalla cucina non ci gridi “l’è prunt, vegn a mangià!“. 
Senza contare che alcune espressioni dialettali non hanno traduzione in italiano (ad esempio “vacca impestada!“) o comunque non avrebbero lo stesso effetto colorito.


Il dialetto è tradizione (non solo popolare), è qualcosa che accomuna, che profuma di gente semplice, è una voce che arriva dal passato con il suo carico di ricordi.
Già, dal passato: perché oggi, sempre meno giovani si avvicinano al dialetto. In molti lo capiscono ma in pochi lo parlano e ancora meno lo scrivono. E questo ci rende un po’ tristi, perché se si perdesse, sarebbe come separarsi in parte dalle proprie origini.

Per fortuna ci sono ancora grandi appassionati dei dialetti, che li considerano come valori sociali.

Se siete curiosi e volete approfondire l’argomento, vi proponiamo questa bella lettura:


Perché in Italia esiste una grande diversità linguistica? Che cos’è un dialetto e in cosa è diverso da una lingua? Com’è fatta l’Italia dei dialetti e quali sono le principali caratteristiche linguistiche delle diverse zone? Cosa parlano oggi i giovani e gli anziani? Il libro risponde a queste e altre domande in modo rigoroso ma al tempo stesso agile e chiaro, rivolgendosi in primo luogo agli studenti universitari e al lettore che intenda documentarsi su una delle più spiccate caratteristiche culturali dell’Italia contemporanea.

(Books Hunters Blog)
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