“Nell’assolato deserto delle nostre convinzioni, viaggiamo alla ricerca di continue, rapide, pratiche, caotiche emozioni.” J.
Spostarsi, rischiando lo schianto del cuore. Puntare alla vetta delle montagne, nuotare nei laghi ignorandone le profondità, respirare gli alberi, sfiorare i muri.
Un viaggio ad alta quota, quello di chi trova il tutto nel niente.
Un volo raso terra, per chi il niente lo trova nel tutto.
Vogliamo scoprire. Avidi di immagini e spostamenti del baricentro. Siamo nuclei erosi dall’invidia verso la natura. E se guardare le stelle è l’unica alternativa possibile per dimenticare le bruttezze, cercare luoghi affascinanti e misteriosi è la risposta di cui lo sguardo ha bisogno per compensare la malattia data dall’incapacità di sorprendersi.
E quando uno sguardo recita stupore e una bocca si chiude davanti all’intolleranza dell’abbandono, allora è fatta. Abbiamo un nuovo uomo capace di legarsi in maniera indissolubile all’incredibile: la traduzione migliore che conosciamo quando parliamo di luoghi da scoprire, rispettare, conoscere.
Vi presentiamo il Grand Hotel Campo dei Fiori – Varese.
Un gioiello di Varese situato sul monte Tre Croci, zona nord del territorio comunale.
Progettato nel 1908 dall’architetto Giuseppe Sommaruga – uno dei maggiori esponenti del liberty italiano – su richiesta di alcuni imprenditori interessati a investire nel turismo a Varese vide i suoi anni migliori nella prima metà del ‘900. Uno stile impeccabile, un concentrato di lusso e liberty.
Il cantiere per la costruzione di questo meraviglioso colosso ebbe inizio nel 1910 e terminò nel 1912.
Per costruirlo furono usate cariche di dinamite e mine, atte a scavare la roccia. Intorno a esso si ricavò anche un giardino molto vasto. Di qualche tempo prima invece, la messa in funzione del ristorante esterno (Belvedere) e della funicolare.
Mete di villeggiatura estiva, l’Hotel, come la città, videro nei primi anni del ventesimo secolo la loro grande popolarità. Il Monte Campo dei Fiori, d’altra parte, offriva luoghi di natura incontaminata, selvaggia, insieme alla quiete e il tutto a pochi passi dalla città.
Mezzo secolo di lodi, turismo d’élite, interrotto solo dalle due grandi guerre mondiali. Fino al 1947 quando un grosso incendio devastò il piano più alto, che fu poi riparato con una struttura prefabbricata. Primo scempio.
Pare che il prefabbricato sia stato a sua volta sostituito, negli anni ’80, da una copertura più robusta in muratura. Secondo scempio.
Nel 1958 venne chiusa la funicolare che portò irrimediabilmente al declino del turismo.
(Oggi per arrivare all’Hotel c’è una strada comunque stretta in alcuni punti, pensate le difficoltà di allora.)
Nel 1968, sia l’albergo che il ristorante chiusero definitivamente.
La chiusura dell’Hotel, il disinteresse dei proprietari, le mancanze di rispetto dei custodi e della gente, fecero subire a questo concentrato di storia e valore, un ulteriore scempio.
Infatti fu via via derubato di molti pezzi d’arredamento dell’epoca e di notevole valore, di cui alla fine si salvò solo una parte.
Non staremo a raccontarvi tutto quello che successe dopo, chi acquistò l’Hotel facendo “ipotesi” di riapertura e poi invece lo vide sfruttato meglio (anche a oggi) come basamento di supporto per antenne, molte delle quali dismesse. Scempio numero quattro.
Unica nota positiva: queste orrende antenne richiedono necessariamente la presenza fissa di un custode e la manutenzione del tetto. Questo non lascia in completo stato di abbandono l’edificio.
Il fascino di questo luogo è indiscutibile, meta di appassionati, studenti d’arte (dietro l’Hotel c’è una grotta il cui accesso, per studi e ricerche ambientali, è consentito solo previa autorizzazione), escursionisti, curiosi.
I sentieri circostanti permettono di salire fino all’Hotel e al monte retrostante e, ogni anno nella settimana di Ferragosto, la festa della montagna tenuta dagli Alpini, che si svolge proprio davanti al magnifico albergo, è un’occasione per vederlo in tutta la sua magnificenza…
“La bellezza ti viene a prendere, non c’è niente che tu possa fare per fermarla.”
Accade che a un certo punto devi per forza smettere di parlare per lasciarlo fare a quello che ti circonda. Parole silenziose, ma che trasportano un carico di vita passata da lasciarti emozioni e pensieri in subbuglio.
Succede così ogni volta che si ripercorre la storia di questo Hotel e in ogni istante in cui lo sguardo accarezza le sue mura e le sue finestre chiuse. Immagini donne con vestiti ingombranti e grandi cappelli piumati e uomini eleganti e ricchi, arrivare nelle loro carrozze.
Un’occasione all’anno per lasciarti travolgere dalla bellezza e immergerti in un mondo appartenuto a più di cento anni fa, sicuramente più curato e meno deleterio di quello d’oggi. Un modo per vivere un’esperienza che molti si sognano e che i più non apprezzano, perché troppo intenti a guardare il mondo con gli occhi persi nella modernità delle cose futili e comuni.
“Se sono i dettagli a fare la differenza, cercateli.”
Ristorante “Belvedere” – uno degli ingressi:
E pensi che oggi quella cura maniacale dei dettagli è sparita, che le cose sono tutte uguali: lisce, precise, dei cubi insignificanti di mattoni e calcestruzzo. Pezzi che non risplenderanno nella storia per la loro unicità.
“Aprire una porta chiusa agli occhi, è come concedere all’acqua di farsi un viaggio senza ostacoli.”
Ristorante “Belvedere” – Interno:
Camminare in punta di piedi, trattenere il respiro, cercare di non alterare ciò che di quel tempo è rimasto e nemmeno l’odore di abbandono che c’è oggi. Osservare e posare gli sguardi con delicatezza, tenere le mani nelle tasche per rispetto e chiedersi perché qualcuno non abbia fatto lo stesso.
Conta che fai una foto che sembra un dipinto, che la guardi e la riguardi e ti perdi anche un po’ a pensare a quanti occhi hanno sfiorato quello stesso paesaggio sicuramente meno pieno d’oggi.
Da così in alto, il giorno e la notte sono spettacoli meravigliosi.
Di giorno, la città e i paesi sembrano ancora più immensi e ti fermi a tracciare confini alla ricerca di elementi conosciuti.
Di notte, l’atmosfera che si crea lascia vagare la fantasia, le luci ti fanno perdere la percezione dei luoghi, sottolineandone l’incredibile vastità.
I profili diventano scuri, animando la sete di mistero.
Ogni tratto, ogni finestra, ogni albero e ogni piega del terreno, sono motivo di riflessione e ribellione. Vorresti essere stato custode di qualcosa di così prezioso, portatore positivo della sua storia.
Vorresti far vedere a quella donna venuta solo per mangiare, che c’è dell’altro, basta guardare e fermarsi un momento…
Signora, si rende conto di dove sta camminando? Appoggi per un attimo la sua borsa e venga a vedere…
Con questo articolo, vogliamo essenzialmente continuare a ricordare la bellezza dimenticata e condividere con voi la “grandezza” di questo luogo.
Grazie a chi ci ha seguito fino qui.
Agosto 2015
Books Hunters Blog
Jess & Barbi
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