Buongiorno lettori, oggi parliamo di libri al cinema.
Ma potevamo noi fans di Massimo Gramellini non andare al cinema per star male fino allo sfinimento, pregustando la commozione per la forte empatia che il libro “Fai bei sogni” ci ha sempre ispirato?
Ovvio che no! Beh, diciamo che questo è lo spirito entusiastico con cui abbiamo comprato il biglietto e ci siamo sedute in sala. Abbiamo scelto un cinema di paese, accogliente e intimo. Insomma, per certe storie, si richiede un luogo adatto per vivercele al meglio. Pronte, connesse con il cuore e l’anima, mano nella mano: ok ragazzi, fateci a pezzi il cuore e insegnateci quanto la vita possa essere cattiva ma meravigliosa. E il film inizia.
La pellicola scorre e noi veniamo catapultate in uno spaccato di vita italiano degli anni ’60 talmente ben ricostruito da essere reale. Ogni dettaglio curato attentamente. Riviviamo la storia che conosciamo, ricordiamo i passaggi, riconosciamo i protagonisti.
Eppure qualcosa manca: la spinta emotiva. Quella che schiaccia le viscere e ti fa innamorare di una storia. Nel libro questa sensazione è stata una costante presenza, nella trasposizione cinematografica è stata la grande assente. Ad esempio Belfagor: nel libro il mostro che albergava nel cuore di Massimo è cresciuto con lui, lo ha protetto e distrutto, ha avuto un peso emotivo così importante da essere un vero protagonista della vicenda. Nel film invece, non ha avuto lo stesso impatto, non aveva carica emozionale. Come del resto il persongaggio di Massimo, che nella pellicola non ha sviscerato i suoi sentimenti più profondi, quasi come se non volesse donarsi totalmente agli spettatori, come se si trattenesse. Non certo l’esplosione sentimentale che abbiamo colto nel libro, conoscendo un Massimo pronto a condividere con il lettore sentimenti intimi e profondi.
Insomma, un film che consigliamo perché, oltre a raccontare una storia forte, rappresenta un documento di grande valore culturare, storico, del nostro Bel Paese. Ma se volete emozionarvi davvero, leggete il libro.
Fai bei sogni è un film del 2016 diretto da Marco Bellocchio, interpretato da Valerio Mastandrea e Bérénice Bejo.
Il film è basato sul romanzo autobiografico omonimo di Massimo Gramellini ed è stato presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes 2016
Torino, anni ’60: Massimo, 9 anni, è uno studente delle elementari ed accanito tifoso del Torino (che segue con il padre al Comunale, vicino al loro condominio). Ha l’abitudine di invocare l’aiuto di Belfagor (che segue in televisione) quando qualcosa va male; una notte sua madre, dopo essersi congedata da lui dicendogli «fai bei sogni», muore in circostanze misteriose. L’arrivo della polizia allerta il bambino, che non riceve spiegazioni dal padre. Massimo non crede che la madre sia defunta, arrivando a contraddire il sacerdote ed urlando il suo nome nel corso della cerimonia funebre.
La trama si snoda quindi attraverso dei flashback: Massimo, ora divenuto adulto, è un affermato giornalista de La Stampa. Oltre che di calcio, si occupa anche di cronaca: viene infatti inviato a Sarajevo nel 1993, nel pieno della guerra. Egli è tuttavia oberato di debiti, oltre a soffire di tachicardia parossistica e intrattenere rapporti pericolosi: invitato a casa di un ricco amico per giocare a poker, viene bloccato dalla polizia dopo il suicidio di quest’ultimo. Finisce, inoltre, per litigare con l’amica Agnese: riallacciata l’amicizia, partecipa però ad una festa a casa sua in piena notte. Gli impegni di lavoro lo portano invece a rispondere ad una lettera al giornale, il cui scrittore (Simone) dichiara di odiare la propria madre: la commozione per la risposta fa sorgere in lui il dubbio sulla reale causa di morte della madre (che il padre gli aveva detto essere stato un infarto). Tramite un articolo di giornale dell’epoca, viene a sapere che sua madre (Giuseppina Pastore) si suicidò a 38 anni buttandosi dal balcone del quinto piano: la donna, che soffriva di depressione, morì sul colpo ma nessuno ebbe il coraggio di rivelarlo al bambino.
La nostra recensione del libro qui
“Preferiremmo ignorarla, la verità. Per non soffrire, per non guarire. Perché altrimenti diventeremmo quello che abbiamo paura di essere: completamente vivi.”
Massimo Gramellini
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