Caro Alessandro,
come si fa a riconoscere la propria fragilità e mostrarla al mondo senza perciò diventare dei possibili bersagli? Siamo tutti portatori sani di meraviglie ben confezionate in quel lato nascosto di noi. Un po’ adulti un po’ adolescenti, vogliamo parlarci addosso spiegandoci di come si sta senza amore, senza infinito.
Alla ricerca di risposte, prima ancora di porci le domande. Vero. Vogliamo tutto pronto, cerchiamo tutto sullo smartphone, nel web, ci guardiamo in faccia con uno schermo piatto, sperando in un messaggio del buongiorno, in un istante solo nostro, da parte di qualcuno che di nostro non si vuole prendere nulla.
È questo il punto, Alessandro? Forse non siamo mai pronti a perdere nel campo infinito dell’amore.
Ci piace troppo vincere, crediamo che un sorriso possa spezzare le barriere di protezione e permetterci di entrare nel terreno incolto di chi amiamo e poterlo coltivare in ogni stagione.
Il compito della letteratura è anche questo: insegnarci che non sempre va così, ma il motivo per cui non va così, non sempre risiede dalla nostra parte di siepe.
La paura di non essere abbastanza. Abbastanza magri, alti, intelligenti, sportivi, riflessivi, profondi. È forse tutto questo a renderci deformi a noi stessi prima che agli altri? Siamo completi senza esserlo, perché non finiamo mai di capirci e saperci. Siamo illuminanti esattamente come un cielo stellato, ma non sappiamo fare luce sulla nostra personalissima bellezza, sulla nostra strada dissestata. E dimentichiamo chi siamo.
Senza identità non si può sopravvivere in questo mondo. Come si fa a essere fragili e forti insieme? Perché la società così ci vorrebbe: capaci, fieri, performanti. Eppure noi siamo tutto meno che capaci, fieri e performanti, semplicemente perché non nasciamo così e nascere, si sa, è iniziare a camminare alla ricerca di se stessi. Così qualcuno diventa adulto prima di altri, fiero di se stesso prima di altri, capace e performante prima di accorgersene o magari non sarà mai performante, ma ricorderà di averci provato tutta la vita.
E per fortuna abbiamo l’immaginazione.
Come dici? “L’immaginazione non è altro che continuare il profilo nascosto delle cose verso il loro compimento.”
Forse è per questo che oltre l’infinito cerchiamo l’infinito. Forse è per questo che se non lo troviamo, lo creiamo con sogni e illusioni. Sì, anche le illusioni sono prolungamenti del nostro personale infinito. Lo vogliamo così tanto, da crearcene uno tutto personalizzato fatto di persone, luoghi e stelle tutte nostre. L’immaginazione: l’arte di immaginare. Un concetto meraviglioso. Per questo si scrivono storie e lettere. Per questo viviamo di amori impossibili, pensieri, ali, canzoni, corse, mani che stringono la nostra pur non stringendola mai.
Eppure certe volte ci chiedono di nutrirci solo di realtà, mascherandoci un po’ e spesso male. Ci dicono che a furia di guardare il cielo ci verrà mal di collo, che se continuiamo a ragionare solo di cuore, ci si fermerà del tutto. Il cuore spezzato non si cura, al massimo si incolla. Se hai una buona colla che tenga duro almeno dieci minuti, forse ti salvi. Come si fa a ragionare con il cuore? Ragionare, cuore. Non stanno bene insieme nella stessa performante immagine di noi che corriamo verso l’amore e poi prima di inciampare pensiamo: oddio sto cadendo, devo mettere le mani avanti. Ci spaccheremo mani, braccia, naso, testa. Tutto. Forse inciampare è necessario, e non ragionare sull’arte dell’inciampare meglio. Quello lo lasciamo agli atleti, che dici? Cadere in piedi non è materia d’amore. O almeno, io non credo di saperlo fare granché bene. Ti dirò: non voglio nemmeno imparare, amo questa cosa dell’arte di esser fragili.
Siamo poco sinceri, ma siamo altamente performanti in questo tipo di arte, anche se ci fa sentire esposti. In effetti siamo primi della classe. Solo che ammetterlo non è da grandi uomini e donne, fa poco scena. Non credi? Eppure è così bello. Guardatemi, io sono FRAGILE! Mettetemi la scritta sulla schiena come sulle scatole di cartone in cui si spediscono oggetti preziosi e trattatemi con cura perché dentro ho un cuore che se si rompe muoio! Ecco, dovremmo essere trattati tutti così, no? Però aspetta, non è che rischiamo di diventare un po’ molli nell’arte di vivere? Sai tipo foglie succubi del vento o robe del genere?
Sai Alessandro, io pongo la domanda ma ho già dentro di me la risposta. Non perché sia stata scritta o perché me la sia inventata, ma perché l’ho vissuta. Essere fragili è anche essere forti e consapevoli di poter essere rotti, ma fregarsene altamente. In altre parole se non ti spezzi mai come fai a dire di esserti saputo ricostruire? È un po’ quel crescere e avere successo, essere rapiti e mettere radici forti in noi stessi, che dici tu. È anche quel modo di salvarsi la vita esponendosi e non solo filosofeggiandone. Arrabbiarsi, desiderare, arrancare, naufragare… Sono tutti metodi per non annoiarsi. Perché se annoiarsi è non far nulla per amarci e amare, naufragare è quel moto interno che ci spinge a ficcare il naso in noi stessi e a darci la spinta verso l’ignoto. L’ignoto va conosciuto prima di essere affrontato.
La vita dopotutto è un gioco bellissimo e a volte sadico. I sentimenti sono lame a doppio taglio. L’amore è dolore a volte, ma santo cielo, quanto è bello quando funziona e ci insegna? Quanto vale una mano nella nostra?
Cerchiamo tutto su Wikipedia, ma i nostri sentimenti non saranno mai traducibili se non da noi stessi. Questa è un’arte meravigliosa. La prima che dovremmo sapere di possedere. Nessuno può giudicarci, nessuno può saperci, perché spesso non ci sappiamo nemmeno noi per primi. Siamo esseri imperfetti e intraducibili, siamo sbagliati giustamente per natura, siamo caratteri deserti con oasi colme d’acqua, siamo e saremo sempre fiori pronti a sbocciare di nuovo: siamo ginestre.
Cerchiamo tutto su Wikipedia, ma i nostri sentimenti non saranno mai traducibili se non da noi stessi. Questa è un’arte meravigliosa. La prima che dovremmo sapere di possedere. Nessuno può giudicarci, nessuno può saperci, perché spesso non ci sappiamo nemmeno noi per primi. Siamo esseri imperfetti e intraducibili, siamo sbagliati giustamente per natura, siamo caratteri deserti con oasi colme d’acqua, siamo e saremo sempre fiori pronti a sbocciare di nuovo: siamo ginestre.
Alessandro, quando impareremo a conoscerci davvero? Dopo aver attraversato tante infelicità? Eh sì. Perché percorrendo ognuna di esse, ti scopri un nervo in più e impari a sapere quanto fa male una volta che l’aria lo accarezza. E allora l’infedeltà è necessaria. Tocca tradirci per volerci un po’ più bene ogni volta. Sapere di esserci mancati di rispetto per anticiparci che la prossima volta quella cosa va fatta in funzione del rispetto stesso.
Perché “niente ci fa morire in vita, come un amore non corrisposto”. Sì. Niente.
Eppure se al momento ci sembra una cosa irreparabile, caro Alessandro, impariamo ad “abitare”quella parte lesa del nostro cuore, quella parte rimasta vuota, con un camino acceso a cui non ci scalderemo altro che soli.
Ma d’altra parte “Le persone che riparano il mondo sono quelle che amano ciò che fanno, indipendentemente dalla grandezza di ciò che fanno.” non è meraviglioso? Vinciamo in ogni caso, proprio perché amiamo.
L’amore è una grande arte, Alessandro.
Nell’amore si contempla la fragilità di cui parlavi anche con Giacomo.
Giacomo aveva tutto quell’amore grande…
Un amore altamente performante.
Credo che l’amore dovrebbe diventare patrimonio dell’umanità.
Insieme al cielo notturno, s’intende.
Insieme anche alla capacità di cercare l’infinito delle cose.
Per non parlare dell’arte di essere fragili.
Ma su quella qualcuno ha ancora da studiare parecchio.
(la Books Hunter Jessica)
L’arte di essere fragili, libro di Alessandro D’Avenia, è una corrispondenza epistolare immaginata dallo scrittore con Giacomo Leopardi.
Non solo: questo libro racconta di un insegnante, l’autore, che si dona ai suoi alunni in maniera autentica, eleggendoli “la mia biblioteca di inediti”.
In questo libro si riconoscono vari tipi di amore: quello per la letteratura, per le persone, per l’insegnamento, per le parole, per il futuro.
È una ricchezza.
Anche’io ho scritto una lettera qui sopra, ma all’autore, che ringrazio perché conoscere Giacomo Leopardi mi ha aperto una visuale differente su Giacomo Leopardi.
Ma non finisce qui questo viaggio, siamo andate oltre la siepe, verso l’infinito: Milano, teatro Carcano. Era il 15 novembre 2016, due settimane fa. Siamo andate a farci affascinare senza saperlo, quando i giorni della Super Luna erano l’evento del momento. Un caso? Chi lo sa…
Alessandro D’Avenia non si apprezza solo su carta, ma anche come persona. Ha creato insieme ai suoi ragazzi qualcosa di unico, un racconto passionale, parole che si susseguono fra le emozioni di un uomo.
Sullo sfondo Giacomo Leopardi, colui da cui l’autore prende citazioni che traduce in qualcosa che combacia perfettamente con il nostro tempo. Dal diciannovesimo al ventunesimo secolo, in un’ora e tre quarti.
Alessandro D’Avenia proseguirà questo tour. Ve lo consigliamo, perché l’arte di essere fragili ci riguarda tutti. Ci piace chi sa parlare d’amore e fragilità, senza temere il nervo scoperto, senza aver timore degli sguardi, ci piace chi educa i nostri figli all’amore e non alla competizione, ci piace chi guarda ancora il cielo pieno di stelle e punta il suo dito per riuscire a toccarle.
Ringraziamo Anna Da Re e tutto lo staff Mondadori per l’invito a teatro. Ringraziamo Alessandro D’avenia per averci regalato la sua arte. Ringraziamo le stelle e Giacomo Leopardi, la siepe e il naufragio. Ringraziamo l’infinito, che in qualche modo, sa definirci.
Infine, ringraziamo l’amore, altrimenti detta arte di esistere o ancora, di essere fragili.
Books Hunters Blog
Please follow and like us: