Recensione “La figlia femmina” di Anna Giurickovic Dato

In ogni strada, in ogni luogo, in ogni istante, nessuno ci sembra più vicino al nostro essere bambini, dei nostri genitori.
 
Appena in superficie e poi giù, in profondità, laddove nuotano i ricordi, quelli dolci, quelli che a pelo d’acqua si congelano divenendo freddi, spessi e duri. Il punto di vista che cambia, la coscienza si sposta, appiccicando le sue condizioni deboli al muro, al solo scopo di proteggersi ancora un po’ dalla realtà che ormai la circonda, puntandole addosso le armi della verità, quelle che quando sparano non uccidono il corpo, ma la mente, il cuore, le cose in cui credi, le convinzioni e, a distanza, cambiano il ricordo di chi popolava i nostri momenti migliori, distorcendone i gesti, il viso e non ultimo l’amore.
 
Tra Rabat e Roma: ieri e poi.
Una parte di questa storia è una maschera, l’altra il momento il cui si decide di levarla.
 
Silvia, Giorgio e Maria: una famiglia di quelle felici, a cui non manca solo che espandere gioia e serenità, allargandole oltre i confini possibili e immaginabili. Vivono a Rabat, in Marocco, dove li ha portati il lavoro di Giorgio. Apparentemente ai margini delle tradizioni e degli stili di quella terra, riusciranno nel tempo a farsi parte della comunità, rispettandone gli usi, i silenzi e le tradizioni. Certo, fuori tutto è rosso, giallo, terra e sole. Là fuori c’è il mercato dove i colori si fondono, le voci si intrecciano e camminarci dentro ti regala il meraviglioso senso di appartenenza e integrazione. Ma dentro? Dentro casa? Lì si smettono i panni convenzionali, lì si è finalmente solo famiglia, lì si è quel che si è.
Dentro quelle mura cresce Maria, che si fa raccontare storie da suo padre prima di addormentarsi. Maria è una bambina devota, sa che suo padre è un uomo rispettato nell’ambiente in cui lavora, sa che anche per la gente è un uomo che merita riverenza. Come comprende anche che a lui deve molto, che le cose che suo padre fa sono giuste, per il suo bene, anche quando mette le mani laddove un padre non dovrebbe mai entrare. Anche quando le fa un po’ paura e la riempie di tormenti.
 
Tace Maria. Cambia aspetto crescendo, si chiude e si espande a momenti: tocca, piange, non dorme. Sta avvisando qualcuno, sta cercando aiuto, sta forse solo reagendo. Inconsapevole, consapevole. Come si fa a stabilire quando non possiamo più amare nel modo giusto un genitore? O quando, quel genitore ci nuoce?

Ecco che i ricordi si muovono, si compongono nella forma giusta che prima non avevano raggiunto a causa della nostra cecità o forse semplicemente perché certe realtà sfuggono al nostro credo. Così si presentano i ricordi di Silvia, mischiandosi al presente. Gli occhi proiettati su quella figlia che una volta era indifesa e che ora si difende tramando una vendetta che la rende carnefice di se stessa e degli altri. Il confine fra vittima e carnefice si spacca in due quando la vittima decide di farsi giustizia da sola e nel modo sbagliato, spesso adeguandosi alle modalità che ha subito, quasi come se avesse imparato un solo linguaggio possibile per avere a che fare con gli altri, per Maria, nello specifico, con l’altro sesso.
Ma chi è Maria agli occhi di Silvia, sua madre? Chi è se non una figlia da proteggere, da riportare a Roma, da supportare ora che cresciuta si trova a combattere contro un passato così terribile da accettare? Ora che per sembrare adulta, fa di se stessa un eccesso, manipolando chi le sta intorno per il solo gusto di vederlo soccombere? Ora che fa la Lolita in cambio di vendetta su un presente che non ha più aggrappi fisici con il passato, ora che quello stesso problema è morto?
 
E Silvia chi è per sua figlia? Colei che non ha capito nemmeno quando la verità le è stata detta? Che non ha visto quel che c’era da vedere, imputando i problemi della figlia a tutt’altro? Una con cui prendersela per tutto? A cui distruggere ogni rapporto, dimostrando che l’uomo non è altro che una stupida rappresentazione di se stesso e va smascherato?
 
“La figlia femmina” è un potente concentrato di domande. Anna Giurickovic Dato ci racconta una storia molto diversa, sganciando bombe pronte a esploderci fra le mani. Con una scrittura decisa, forte, convincente, è uno di quei pochissimi casi in cui non ci si riesce a schierare completamente, dove il prima ci è chiaro, ma il dopo offusca ogni cosa. Dove preferisci tenere la maschera, ma solo per non vedere. Dove tutto si distorce e le conseguenze diventano macigni insieme alle ragioni che spingono a reagire.
Dove si confondono vittima e carnefice.
Come quando sotto la pioggia piangi e non capisci più quali sono le gocce e quali le lacrime.
(La Books Hunter Jessica)
Titolo: La figlia femmina
Autore: Anna Giurickovic Dato
Editore: Fazi Editore
Genere: Romanzo
Uscita: 26 gennaio 2017
Pagine: 192
Prezzo (cartaceo): € 10,00
ISBN: 9788893250924
Prezzo (ebook): € 4,99
ISBN (ebook): 9788893251594
 
Il libro:
Ambientato tra Rabat e Roma, il libro racconta una perturbante storia familiare, in cui il rapporto tra Giorgio e sua figlia Maria nasconde un segreto inconfessabile. A narrare tutto in prima persona è però la moglie e madre Silvia, innamorata di Giorgio e incapace di riconoscere la malattia di cui l’uomo soffre. Mentre osserviamo Maria non prendere sonno la notte, rinunciare alla scuola e alle amicizie, rivoltarsi continuamente contro la madre, crescere dentro un’atmosfera di dolore e sospetto, scopriamo man mano la sottile trama psicologica della vicenda e comprendiamo la colpevole incapacità degli adulti di difendere le fragilità e le debolezze dei propri figli. Quando, dopo la morte misteriosa di Giorgio, madre e figlia si trasferiscono a Roma, Silvia si innamora di un altro uomo, Antonio. Il pranzo organizzato dalla donna per far conoscere il nuovo compagno a sua figlia risveglierà antichi drammi. Maria è davvero innocente, è veramente la vittima del rapporto con suo padre? Allora perché prova a sedurre per tutto il pomeriggio Antonio sotto gli occhi annichiliti della madre? E la stessa Silvia era davvero ignara di quello che Giorgio imponeva a sua figlia?
La figlia femmina mette in discussione ogni nostra certezza: le vittime sono al contempo carnefici, gli innocenti sono pure colpevoli. È un romanzo forte, che tiene il lettore incollato alla pagina, proprio in virtù di quell’abilità psicologica che ci rivela un’autrice tanto giovane quanto perfettamente consapevole del suo talento letterario.
L’autrice:
Anna Giurickovic Dato è nata a Catania nel 1989 e vive a Roma. Nel 2012 un suo racconto si è aggiudicato il primo posto al concorso Io, Massenzio in seno al Festival Internazionale delle Letterature di Roma. Nel 2013 è stata finalista al Premio Chiara Giovani. La figlia femmina è il suo primo romanzo.
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