BookIntervista a… Alessandro Barbaglia

Cari Cacciatori, di recente abbiamo letto per Mondadori il romanzo “La Locanda dell’Ultima Solitudine” (il nostro BookConsiglio QUI), di Alessandro Barbaglia.
Siamo rimaste incuriosite dal suo modo di incedere fra le parole, da quel suo modo di farle scivolare all’interno di una storia molto particolare e così, abbiamo voluto intervistarlo.

1. Se è vero che la vita è attesa, c’è qualcosa che aspetti da tutta la vita? Hai prenotato anche tu una felicità futura?
Che meravigliosa domanda mistica! Certo! È quello il senso dell’attesa: tendere a qualcosa, e di solito è a qualcosa di bello ciò a cui si tende. Il futuro, però, non è solo tra dieci anni, come per Libero, è anche solo tra un secondo! Il segreto dell’attesa è coltivarla, prendersi cura del proprio presente mentre si aspetta ciò verso cui si tende. Mentre si attende, insomma.
2. C’è un luogo che per te è l’equivalente della “Locanda dell’Ultima Solitudine”?
Ci sono molti luoghi che sono la mia locanda, e sono tutti luoghi speciali (l’opposto dei luoghi comuni, se ci pensa). Camogli, lo scoglio di Punta Chiappa, Miasino – il paese in cui sono nato – e a volte pure il mio divano di casa (come ora). La locanda è il luogo che ha un suono fatto del silenzio che abbiamo dentro. Quando ci arrivi lo riconosci. Stai bene. E ti senti a casa.

3. Quanto è importante per te che lavori a contatto con il pubblico, (ricordiamo che tu sei un libraio), ricavarti una nicchia di solitudine dove rivolgerti pensieri e domande, o semplicemente dove essere presente solo a te stesso?
Per me è importante, certo. Importantissimo. Ma le due cose non sono troppo contrapposte. Ogni volta che posso vado dalla mia Solitudine e le racconto che succede nella Moltitudine. Le racconto gli incontri, le frette, le folle, i treni intasati, la libreria il giorno della vigilia di Natale (in caos…) e lei resta senza parole… E tu, invece, – le chiedo io – cosa mi racconti? E lei resta senza parole ancora. La ascolterei per ore. È così che vivo la mia solitudine.
4. In quella nicchia di solitudine ricercata e voluta, oltre ai libri, cosa ci metteresti?
I biscotti. Li adoro. Non potrei vivere senza. E una cascata. Adoro la sua voce. Magari con un lago alla fine, per farci il bagno. E poi magari Dante Alighieri. Avrei molte cose da chiedergli. E porterei con me anche le sue domande. Sono molto belle. E la bellezza serve, sempre.

5. Il tuo libro vuole farci capire quanto sia importante stare bene con se stessi, al fine di raggiungere la serenità anche con gli altri, ma vuole anche sottolineare il potere del saper attendere. La fretta è una nemica che rischia di farci scivolare. Questo messaggio così importante sembra frutto del tuo modo di vivere. Qualcosa che hai provato sulla tua pelle. Avrai letto centinai di libri per te e per i tuoi clienti della libreria, al fine di consigliare e restare sempre “sul pezzo”, ma questo messaggio è il risultato della tua esperienza di vita o è legato di più alle condivisioni con le persone, alle chiacchiere, alle confessioni, al sentirsi vicini alle vite altrui?
Il libro è nato da una domanda: “si può avere nostalgia del futuro” e dalla voglia di rispondere contemporaneamente sì, lo fa Libero, e no, lo fa Viola. Quello che racconto è quello che loro mi hanno raccontato, io ci ho messo solo gli errori, loro hanno trovato le soluzioni. Io amo le attese, ma non sono bravo a viverle, non quanto Libero almeno. Però sicuramente ho un ottimo rapporto con il tempo e la solitudine. Mi stanno simpatici, anche quando vedo i loro temibili lati oscuri…
6. Questo non è il tuo primo libro, ma possiamo dire che è quello che ti avvicina al grande pubblico. Quando hai deciso che era ora di scrivere qualcosa di tuo, di vedere un tuo lavoro sugli scaffali?
Quando ho pensato, e spero di non aver pensato male, che Libero e Viola potessero aver qualcosa da raccontare e che le loro voci fossero mature per incontrare tante orecchie. Io amo le storie, adoro le parole, ho sempre il timore di far loro un dispetto con la mia scrittura… Libero e Viola, però, avevano voglia di tentare, di andare, di prendersi uno spazio. Non sono riuscito a trattenerli.
7. Domanda da blogger: cosa bolle in pentola? Stai pensando ad altre storie o sei ancora alla prima perla, seduto nella tua personale Locanda, mentre il sole sviene nel mare? Insomma ti stai godendo il momento, o la tua testa inizia già a regalarsi nuove mete?
Ho un retino. Lo uso per pettinare il vento. Ogni tanto ci resta impigliata una foglia. Io la prendo e penso che sia il caso di riportarla all’albero a cui il vento l’ha rubata. Al momento ho due o tre foglie. La storia sarà pronta quando avrò trovato l’albero. Vedremo quanto ci metterò, che albero sarà, e dove sarò finito io. Intanto cammino. Venite con me? 
8. Secondo la tua esperienza, quanto la collaborazione fra case editrici e bloggers, è importante per la distribuzione di un libro?
La mia esperienza è piccina, tre settimane. Ma i bloggers con cui mi sono rapportato sono stati tutti molto bravi, lettori attenti, capaci di fare domande acute e competenti. Mi sembrano prima di tutto dei notevoli lettori, e questo è un bene, e poi degli ottimi promotori della lettura. E questo è un grande bene!

9. Domande botta e risposta:

Chi sei? Un libraio innamorato delle parole.

Dove vai? Qui. Attendo.

Ieri o oggi? Scelgo la O, nel mezzo. Sta tra ieri e oggi come disse il presente, è chiusa e rassicurante, è un punto bianco e soprattutto è un’alternativa. Non è poco, mi sembra!

Sbagliare e capire, o ponderare e mai partire? Sono per gli errori. Adoro fare gli errori giusti.

Libro amato? La vita felice di Elena Varvello (tutti a comprarlo! Subito!).

Hai mai lasciato a metà un libro? Anche dopo poche pagine. È un atteggiamento di lettura igienico. Ci sono tanti capolavori, bisogna leggere soprattutto quelli.

Scrivere senza pensare, o appuntare e poi stendere? Stendere sempre. Se no i panni non asciugano. E poi appuntare tutto, se no il vento ce li porta via. Quindi, insomma, appuntare e stendere.

Caso o destino? Forse più caso. Se poi è destino pensa lui a trasformare il caso in una destinazione.

Penna o Computer? Penna per gli appunti, computer per la scrittura.

Più domande o più dubbi? Più dubbi. Credo. O forse no? Sì, più dubbi.

Essere o non essere? (Ok, era uno scherzo. Se rispondi però, devi spiegarcela.)
Essere (vivente). Come potrebbe non essere così?

Ricapitolando:
“Il dubbio dell’attesa è essere consapevoli che appuntare e stendere con una penna e un computer, è creare il caso che porterà il destino fino a noi. Lasciare a metà qualcosa non è una colpa (è igienico!), è scegliere di amare subito la vita felice, (di Elena Varvello!), consapevoli che avremo spazio per commettere anche degli erroriO, magari. Quello che ci contraddistinguerà sempre è l’amore per ciò che facciamo, l’amore per le parole che siamo.”
(Books Hunters Blog)

Ringraziamo Alessandro Barbaglia per aver regalato a noi e ai nostri lettori, una parte di sé.
Crediamo che dopo il suo libro, un buon autore sia anche questo.

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