Buongiorno Hunters, a caccia di nuovi talenti letterari, ecco chi abbiamo scovato: lui è Alessandro Bogani, al suo esordio con il romanzo All’ombra del faro.
Erano nemici. Poi li guardò meglio, tutti sfatti e tremanti. Erano nemici?

Sullo sfondo vago e indefinito di una guerra tra due Paesi, un ex colonnello dell’aviazione militare si ritira su una piccola isola, dove spera di sfuggire ai ricordi terribili delle sue azioni. Trasferitosi all’interno di un vecchio faro abbandonato, la sua vita scorre in un continuo oscillare tra profondi sensi di colpa e momenti di pace, passati in compagnia del piccolo Cadetto e della dolce Janeet, mentre nel profondo del suo cuore attende con segreta speranza l’occasione di redimersi. E l’occasione arriverà, ma non gli sarà facile decidere se coglierla o meno, perché colpe tanto gravi esigono da lui un tributo altrettanto alto.
Titolo: All’ombra del faro
Autore: Alessandro Bogani
Editore: Il Seme Bianco
Pagine: 112
Prezzo (Amazon): 9,26€
Uscita: 2017
ISBN: 978-8885452404
Alessandro Bogani
Nato nel 1995 in provincia di Milano, ha un debole per la fantascienza di Asimov e per quei libri dal sapore duro, come La strada, Il vecchio e il mare e Furore, ma il suo sogno è di sperimentare e rivisitare quanti più generi letterari possibili, confrontandosi con essi da scrittore per conoscerli meglio.
Là, sul promontorio. Non potevi non vederlo. Se ne stava in piedi, nel suo bianco candido, a strapiombo sul mare. Guardava lontano, all’orizzonte. Stava tramontando, e il cielo tingeva d’arancione e rosa le nuvole vaporose, lunghe e striate come pennellate che avessero paura di terminare. Ma nello sguardo che il vecchio faro gettava all’orizzonte, non c’era gioia. Perché dietro a quell’orizzonte c’erano Paesi in guerra. Le bombe cadevano sulle case, pesanti e ineluttabili, scavando crateri là dove un tempo c’erano state famiglie. Il faro guardava quell’orizzonte di guerra, malinconico, e con lui guardavano il cielo e le sue nuvole, che coi loro colori cercavano di sorridere, per non pensare ai sibili e ai boati delle esplosioni sotto di loro, molto lontano da lì. Il faro non era l’unico a guardare. Sulla sua cima, poggiato al parapetto che cingeva l’enorme lanterna, c’era un signore. Quando gli chiedevano l’età, a lui piaceva rispondere che aveva mezzo secolo. Non cinquant’anni, mezzo secolo, diceva. Aveva i capelli sale e pepe, con la barba lunga di qualche giorno che gli punteggiava le linee dure del viso. Tutte le sere stava lì a respirare la brezza che gli spirava sotto al maglione nero, soffiandogli nel collo avvolto nel dolcevita. Respirava la brezza e ascoltava i flutti sordi che s’infrangevano sugli scogli, giù in basso, alla base del promontorio. Respirava, ascoltava e guardava. Alla fine di una giornata, era tutto quel che voleva.
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