Parliamo di Premio Strega 2020, con un approfondimento sui dodici libri che accedono alla proclamazione della famosa cinquina.
Continuiamo quindi il nostro viaggio in compagnia di Daniele Mencarelli, con “Tutto chiede salvezza” e Giuseppe Lupo, con “Breve storia del mio silenzio”.

Titolo: Tutto chiede salvezza
Autore: Daniele Mencarelli
Editore: Mondadori
Pagine: 204
Prezzo di copertina: € 19,00 – ebook € 9,99
Uscita: 25 febbraio 2020
ISBN: 9788804721987
Dopo l’eccezionale vicenda editoriale del suo libro di esordio (premio Volponi, premio Severino Cesari opera prima, premio John Fante opera prima) Daniele Mencarelli torna con una intensa storia di sofferenza e speranza, interrogativi brucianti e luminosa scoperta.
Ha vent’anni Daniele quando, in seguito a una violenta esplosione di rabbia, viene sottoposto a un TSO: trattamento sanitario obbligatorio. È il giugno del 1994, un’estate di Mondiali. Al suo fianco, i compagni di stanza del reparto psichiatria che passeranno con lui la settimana di internamento coatto: cinque uomini ai margini del mondo. Personaggi inquietanti e teneri, sconclusionati eppure saggi, travolti dalla vita esattamente come lui. Come lui incapaci di non soffrire, e di non amare a dismisura.
Dagli occhi senza pace di Madonnina alla foto in bianco e nero della madre di Giorgio, dalla gioia feroce di Gianluca all’uccellino resuscitato di Mario. Sino al nulla spinto a forza dentro Alessandro. Accomunati dal ricovero e dal caldo asfissiante, interrogati da medici indifferenti, maneggiati da infermieri spaventati, Daniele e gli altri sentono nascere giorno dopo giorno un senso di fratellanza e un bisogno di sostegno reciproco mai provati.
Nei precipizi della follia brilla un’umanità creaturale, a cui Mencarelli sa dare voce con una delicatezza e una potenza uniche.
Daniele Mencarelli ha cominciato come poeta, quando nel 2018 ha scritto il suo primo romanzo, “La casa degli sguardi”, ha portato nella narrativa la densità e la plasticità della parola poetica. Una parola che diventa discorso umano, sorretto dalle vibrazioni di una scrittura potente e creaturale. Con “Tutto chiede salvezza” Mencarelli conferma di essere uno scrittore unico e maturo. Partendo da un’esperienza personale – i sette giorni di Trattamento sanitario obbligatorio a cui è stato sottoposto quando aveva vent’anni – scandaglia il buio della malattia mentale alla conquista di un’umanità profonda e autentica, la sua e quella dei suoi compagni. La cura profonda non può che essere affidata alla parola, unico e salvifico “pharmakon”
Maria Pia Ammirati (che ha proposto la candidatura al Premio Strega 2020)

Daniele Mencarelli nasce a Roma, nel 1974. Le sue poesie sono apparse su numerose riviste letterarie e in diverse antologie. Le sue raccolte principali sono: I giorni condivisi, (clanDestino, 2001), Guardia alta (La Vita felice, 2005).
Con nottetempo ha pubblicato Bambino Gesù (vincitore del premio Città di Atri, finalista ai premi Luzi, Brancati, Montano, Frascati, Ceppo) nel 2010 e Figlio nel 2013. Sempre nel 2013 è uscito La Croce è una via, poesie sulla passione di Cristo. Il testo è stato rappresentato da Radio Vaticana per il Venerdì Santo del 2013. Nel 2015, per il festival PordenoneLegge con Lietocolle, è uscita Storia d’amore. Del 2018 è il suo primo romanzo La casa degli sguardi, Mondadori (premio Volponi, premio Severino Cesari opera prima, premio John Fante opera prima), nel 2020 esce sempre per Mondadori, Tutto chiede salvezza. Collabora scrivendo di cultura e società con quotidiani e riviste.

Titolo: Breve storia del mio silenzio
Autore: Giuseppe Lupo
Editore: Marsilio
Pagine: 208
Prezzo di copertina: € 16,00 – ebook € 9,99
Uscita: 17 ottobre 2019
ISBN: 9788829702534
L’infanzia, più che un tempo, è uno spazio. E infatti dall’infanzia si esce e, quando si è fortunati, ci si torna. Così avviene al protagonista di questo libro.
Un bimbo che a quattro anni perde l’uso del linguaggio, da un giorno all’altro, alla nascita della sorella. Da quel momento il suo destino cambia, le parole si fanno nemiche, anche se poi, con il passare degli anni, diventeranno i mattoni con cui costruirà la propria identità. Breve storia del mio silenzio è il romanzo di un’infanzia vissuta tra giocattoli e macchine da scrivere, di una giovinezza scandita da fughe e ritorni nel luogo dove si è nati, sempre all’insegna di quel controverso rapporto tra rifiuto e desiderio di dire che accompagna la vita del protagonista.
Natalia Ginzburg confessava di essersi spesso riproposta di scrivere un libro che racchiudesse il suo passato, e di Lessico famigliare diceva: «Questo è, in parte, quel libro: ma solo in parte, perché la memoria è labile, e perché i libri tratti dalla realtà non sono spesso che esili barlumi di quanto abbiamo visto e udito.»
Così Giuseppe Lupo – proseguendo, dopo Gli anni del nostro incanto, nell’“invenzione del vero” della propria storia intrecciata a quella del boom economico e culturale italiano – racconta, sempre ironico e sempre affettuoso, dei genitori maestri elementari e di un paese aperto a poeti e artisti, di una Basilicata che da rurale si trasforma in borghese, di una Milano fatta di luci e di libri, di un’Italia che si allontana dagli anni Sessanta e si avvia verso l’epilogo di un Novecento dominato dalla confusione mediatica. E soprattutto racconta, con amore ed esattezza, come un trauma infantile possa trasformarsi in vocazione e quanto le parole siano state la sua casa, anche quando non c’erano.
“Ho quattro anni”. Comincia così il romanzo. Con grande finezza letteraria, in una prosa nitida e fluente, Lupo scrive un’autobiografa delicatamente fabulosa inquietata da un “silenzio” che è trauma infantile di afasia, e poi, nel tempo, insidia persistente di un “male delle parole” e di una “inimicizia con il linguaggio”. Il libro è anche un romanzo di formazione: un’educazione alla scrittura letteraria al di là del “silenzio”; verso la scoperta della letteratura in quanto risorsa di “oblio”, nella quale “le immagini della memoria una volta fissate con le parole, si cancellano”, come scriveva Italo Calvino.
La prosa è di un’accurata e morbida lentezza. I tempi della narrazione avanzano e retrocedono, per procedere ulteriormente. Così il racconto si stratifica, in quelle che l’autore più che stagioni chiama “ere”: essendo la vita simile a un palinsesto geologico. Il filo di ogni evento viene quindi ripreso in un altro tempo che, tornando indietro, riprende il bandolo e lo intrama. Lupo ha l’orecchio infallibile di un regista per l’opportunità delle entrate e delle uscite dei suoi personaggi, per l’apertura e la chiusura di ogni singolo episodio.
Salvatore Silvano Nigro (che ha proposto la candidatura al Premio Strega 2020)

Giuseppe Lupo (Atella, 27 novembre 1963) è uno scrittore e saggista italiano.
Insegna letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e Brescia. Ha esordito nella narrativa con il romanzo L’americano di Celenne (Marsilio 2000), con cui nel 2001 ha vinto il Premio Giuseppe Berto e il Premio Mondello opera prima, e nel 2002, in Francia, il Prix du premier roman. Successivamente ha pubblicato numerosi romanzi.